giovedì 3 aprile 2008

Le talpe di Erez

Avevo le mani fredde e il cuore batteva più del solito quella notte nel tunnel di Erez
aspettando che Israel , come ogni alba , aprisse i suoi varchi alla mia gente , talpe silenziose nelle viscere di una terra smarrita .
Non mi aveva scaldato il tè bollente del ragazzo venuto da Netzarim e nè confortato lo sguardo del vecchio Gamel il quale ripeteva il suo delirio quotidiano :
" ..Solo l'odio può dare speranza . "
La luce poi , come sempre , arrivò .
Fitta , senza riguardo , come le urla dei padroni e invase spavalda il sottoterra . E fu finalmente giorno ufficiale anche per noi . Figli di Palestina uscimmo all'aperto in terra ebrea con molto ritardo . Una espolsione aveva fermato il transito e noi ora calpestavamo un vomito di sangue impastato di rena sottile .
Nessuno alzò sguardi , lavorammo tutto il giorno e odiammo quanto era possibile odiare . Tornammo la sera a ritroso nel buco , maledendo l ' aria e la polvere che non dava respiro . Nello stretto budello a testa bassa parlava solo il silenzio fino a quando non udimmo le grida delle donne e il tremolio ansimante dei vecchi . E mentre ascoltavamo , ci addormentammo .
Era esploso uno altro ragazzo , quello di Netzarim , con il suo termos vuoto e i pochi spiccioli in tasca . Avrebbe voluto comprare una radio e ascoltare le parole del suo Iman .
Di lui rimaneva soltanto una scarpa con un buco all ' altezza dell ' alluce destro .

Nessun commento: