Chi è Felice De Martino?
Fino a pochi mesi sono stato un dirigente pubblico. Ora sono in pensione e mi sto dedicando a tempo pieno alla scrittura.
Quando ha iniziato a scrivere?
Ho sempre desiderato mettermi alla prova. Scrivevo nel tempo libero, ma mai avrei immaginato di pubblicare un libro, era come se mi mancasse il coraggio di espormi al giudizio degli altri.
E poi cosa è accaduto?
Ho iniziato a scrivere la storia della mia famiglia, fin quando l’editore Pironti, al quale avevo mostrato il manoscritto, mi spronò a terminare il testo. Lo pubblicò e quello è stato il primo romanzo, La Repubblica dei gigli bianchi, al quale ne sono seguiti altri due e anche due raccolte di racconti brevi, poesie e pensieri.
E ora La buona sorte. Cosa l’ha ispirata?
Per alcuni anni ho avuto una casetta a Cetara, in provincia di Salerno. Mi piaceva tanto la Torre: mi ossessionava e mi affascinava al tempo stesso. Mi immaginavo le vicende che nel corso degli anni si erano svolte tra quelle mura e quindi ne è venuta fuori l’ispirazione. Avevo trovato lo spazio adatto, lo dovevo solo riempire con una storia.
E così è nata Mariella, la protagonista.
Sì, Mariella. Una donna complessa, insoddisfatta della sua vita interiore, fino a quando decide di rompere tutto l’ordine e le strutture che si è creata attorno a sé e inizia una nuova vita.
Quanto tempo ha impiegato a scrivere il libro?
Quasi 5 anni, ma lavoravo anche.
All’inizio aveva già in mente tutta la storia?
No, è cresciuta dentro di me lentamente. Mariella ha preso corpo parola dopo parola. La storia è come divisa in due parti: nella prima c’è una descrizione dei personaggi e delle situazioni; nella seconda inizia l’avventura e Mariella comincia a viaggiare, abbandona la sua vita e si trova proiettata in un’altra esistenza. Ma la storia non è finita comunque, la narrazione delle vicende della nuova Mariella potrebbe continuare. E non è detto che non cominci a scrivere anche con l’aiuto dei lettori, che potrebbero suggerirmi dei percorsi.
Che difficoltà ha incontrato?
Nei miei passati libri, non riuscivo a spogliarmi di me stesso: ogni personaggi aveva qualche mia caratteristica. Così ho optato per una protagonista femminile. E’ stato difficile immedesimarmi in una donna, anche perché volevo che fosse credibile nei suoi modi di agire e di pensare.
Crede di esserci riuscito?
Me lo auguro, ma non spetta a me giudicare il risultato finale. Io ne sono contento, ma saranno i lettori a valutare il mio sforzo creativo.
Ha già in mente una nuova storia?
Sì, ho deciso di ambientarla nel periodo dell’armistizio.
Perché quel periodo?
Nel corso di ricerche da me svolte sul mio paese natale, Montesano sulla Marcellana, ho scoperto che nel dicembre del 1943 8 miei compaesani, tra cui 5 donne, persero la vita. Quelli erano giorni particolari, non c’era ordine e regnava quasi l’anarchia. Scrivendo, voglio rendere giustizia a quelle persone e voglio anche far conoscere il mio paese, anche per rinsaldare le mie radici e rinvigorire la memoria del passato.
Cosa la spinge a scrivere?
Credo la vanità: prima non l’avvertivo tanto, preso come ero dal lavoro. Ora la sento molto forte. Ma sicuramente c’è anche tanta voglia di misurarmi con la scrittura e di raccontarmi attraverso i miei personaggi.
Perché leggere il suo ultimo libro?
Perché credo sia una storia appassionante e molto coinvolgente. E poi perché bisogna sempre leggere tanto e tutti. Basti pensare che il 97% degli autori vende solo tre copie di ogni libro. E questo per me rappresenta quasi una sfida.
Fino a pochi mesi sono stato un dirigente pubblico. Ora sono in pensione e mi sto dedicando a tempo pieno alla scrittura.
Quando ha iniziato a scrivere?
Ho sempre desiderato mettermi alla prova. Scrivevo nel tempo libero, ma mai avrei immaginato di pubblicare un libro, era come se mi mancasse il coraggio di espormi al giudizio degli altri.
E poi cosa è accaduto?
Ho iniziato a scrivere la storia della mia famiglia, fin quando l’editore Pironti, al quale avevo mostrato il manoscritto, mi spronò a terminare il testo. Lo pubblicò e quello è stato il primo romanzo, La Repubblica dei gigli bianchi, al quale ne sono seguiti altri due e anche due raccolte di racconti brevi, poesie e pensieri.
E ora La buona sorte. Cosa l’ha ispirata?
Per alcuni anni ho avuto una casetta a Cetara, in provincia di Salerno. Mi piaceva tanto la Torre: mi ossessionava e mi affascinava al tempo stesso. Mi immaginavo le vicende che nel corso degli anni si erano svolte tra quelle mura e quindi ne è venuta fuori l’ispirazione. Avevo trovato lo spazio adatto, lo dovevo solo riempire con una storia.
E così è nata Mariella, la protagonista.
Sì, Mariella. Una donna complessa, insoddisfatta della sua vita interiore, fino a quando decide di rompere tutto l’ordine e le strutture che si è creata attorno a sé e inizia una nuova vita.
Quanto tempo ha impiegato a scrivere il libro?
Quasi 5 anni, ma lavoravo anche.
All’inizio aveva già in mente tutta la storia?
No, è cresciuta dentro di me lentamente. Mariella ha preso corpo parola dopo parola. La storia è come divisa in due parti: nella prima c’è una descrizione dei personaggi e delle situazioni; nella seconda inizia l’avventura e Mariella comincia a viaggiare, abbandona la sua vita e si trova proiettata in un’altra esistenza. Ma la storia non è finita comunque, la narrazione delle vicende della nuova Mariella potrebbe continuare. E non è detto che non cominci a scrivere anche con l’aiuto dei lettori, che potrebbero suggerirmi dei percorsi.
Che difficoltà ha incontrato?
Nei miei passati libri, non riuscivo a spogliarmi di me stesso: ogni personaggi aveva qualche mia caratteristica. Così ho optato per una protagonista femminile. E’ stato difficile immedesimarmi in una donna, anche perché volevo che fosse credibile nei suoi modi di agire e di pensare.
Crede di esserci riuscito?
Me lo auguro, ma non spetta a me giudicare il risultato finale. Io ne sono contento, ma saranno i lettori a valutare il mio sforzo creativo.
Ha già in mente una nuova storia?
Sì, ho deciso di ambientarla nel periodo dell’armistizio.
Perché quel periodo?
Nel corso di ricerche da me svolte sul mio paese natale, Montesano sulla Marcellana, ho scoperto che nel dicembre del 1943 8 miei compaesani, tra cui 5 donne, persero la vita. Quelli erano giorni particolari, non c’era ordine e regnava quasi l’anarchia. Scrivendo, voglio rendere giustizia a quelle persone e voglio anche far conoscere il mio paese, anche per rinsaldare le mie radici e rinvigorire la memoria del passato.
Cosa la spinge a scrivere?
Credo la vanità: prima non l’avvertivo tanto, preso come ero dal lavoro. Ora la sento molto forte. Ma sicuramente c’è anche tanta voglia di misurarmi con la scrittura e di raccontarmi attraverso i miei personaggi.
Perché leggere il suo ultimo libro?
Perché credo sia una storia appassionante e molto coinvolgente. E poi perché bisogna sempre leggere tanto e tutti. Basti pensare che il 97% degli autori vende solo tre copie di ogni libro. E questo per me rappresenta quasi una sfida.
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